La domanda di rito che mi fanno tutti prima di partire per Seattle e’ “Quando torni” e la risposta di rito purtroppo e’ spesso sempre la stessa “non lo so”. Gli ultimi giorni li passo sempre a comprare cose da mangiare e da bere che non si trovano a Seattle di cui riempio sistematicamente la valigia. Poi e’ una corsa contro il tempo per salutare tutti, al telefono o di persona. In quei momenti riesco sempre a sorridere forse perche’ cerco di pensare il meno possibile, di distaccarmi dalle emozioni, proprio come un attore, un chirurgo o un soldato. Poi una volta all’aeroporto, dopo aver salutato chi mi ha accompagnato, che di solito e’ mia madre (mio padre invece mi viene a prendere) passato il metal detector, dopo l’ultimo saluto da lontano con la mano, mentre faccio su le mie cose, vengo assalito da tutte le emozioni che ho dentro di me. In quel momento contenerle e’ piu’ difficile, tanto ormai nessuno piu’ mi vede. Mentre cammino lentamente lungo i corridoi del terminale dell’aereporto spesso mi sale il nodo alla gola e devo inforcare gli occhiali da sole scuri. Mordo le labbra, stringo i denti e cerco di camminare come se niente fosse. In quel momento penso che se passasse uno e mi desse un pugno allo stomaco forse non lo sentirei. Camminando questa volta mi sono venute in mente tutte le volte che i miei genitori mi hanno accompagnato e salutato in questo areoporto, quante volte…, tante. Ho pensato a cio’ che mi ha detto mia madre oggi, che di solito prima del mio arrivo nota sempre quando si sente il rumore di un areo passare alto nel cielo, mentre dopo che sono partito non li sente piu’, quasi volesse dimenticare che gli aerei esistono. Poi arrivo al gate mi siedo e guardo l’aereoplano che mi portera’ via e mi accorgo che i giorni sono letteralmente volati. Eppure qui c’ero tornato nel cinque anni fa per rimanenerci definitivamente ma non sono resistito piu’ di nove mesi. Fa male andare via cosi’, sentirsi come se stessi seguendo egoisticamente la mia strada, i miei obiettivi, fregandome della sofferenza di chi mi vuole bene. Devo ammetterlo, sotto sotto mi sento un po’ colpevole con me stesso per questo anche se so che e’ giusto che segua la mia strada. Non e’ facile. Devo trovare il modo di venire qui piu’ spesso, di essere piu’ presente. Sto scrivendo queste parole dall’aereoporto di Malpensa, tra qualche minuto cominiceranno ad imbarcare il volo.
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