Comprendo e condivido anche io rabbia e dolore per la tragedia di Genova. Sento ancora parlare qualcuno che da la colpa al fulmine. I tecnici lo escludono, e se fosse stato a rischio fulmini in 50 anni sarebbe già venuto giù. Può darsi che i bagliori che si vedono nel video siano dovuti all’impatto del ponte sui cavi dell’alta tensione della ferrovia, chissà… Le vere cause invece sono secondo me attribuibili alla mala gestione di Autostrade. Quando pago il prezzo per salire su un areo, se poi cade, ci potrà essere l’errore umano o il cattivo tempo o un guasto tecnico, ma la responsabilità alla fine ricade comunque sulla compagnia area che dovrebbe garantirmi un viaggio in completa sicurezza aldilà di errori o fatalità. Fortunatamente quando salgo su un areo posso scegliere la compagnia che più mi fa sentire al sicuro perché usa i mezzi migliori e fa le manutenzioni. Chi è entrato in autostrada quel giorno ed e’ morto questa scelta non l’aveva. Questo di per se’ e molto triste. Il problema in Italia poi è anche la lentezza di come avvengono le cose, vedi burocrazia, corruzione e comitati del no. Wikipedia cita che la data di apertura dei cantieri della Gronda è prevista per la fine del 2018 e pare che non sarà pronta prima del 2030 (se tutto andrà bene). In Cina hanno da poco ultimato un ponte di 54 km tra Hong Kong e Macau. Ci hanno messo 8 anni a farlo. L’italia non è un paese efficiente ne politicamente ne culturalmente. E’ da qui che il cambiamento dovrebbe partire. L’italia non e’ più un paese moderno come lo era negli anni 60. Sta collassando in preda ai debiti che si sono accumulati negli anni, grazie a mangerie di ogni genere. Il Morandi e’ un icona di questo collasso, come e’ stato in icona del boom degli anni 60. Io spero che il paese possa riflettere di fronte a questa tragedia, che non è questione di schierarsi da questa o da quella parte, ma di capire che è arrivato davvero il momento di cambiare
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Tokyo Car Show
Tokyo dalla cabrio
Gundam robot d’acciaio
Odaiba
Tramonto Infuocato
Daikanyama
La pulizia in Giappone
Festa di Kanda-matsuri
La banca Giapponese
Oggi e’ stata la prima volta in una banca Giapponese. Sono andato per cambiare dei soldi. Ho preso il mio numerino e mi sono accomodato su dei bellissimi divani di velluto di fronte agli sportelli. Nonostante vedessi molti impiegati dietro il vetro, tutti i clienti rimanevano seduti su quei divani. Chissà perché ho pensato subito: “Ma come mai qui non ci servono e non fa niente nessuno?”. Era la mia mente inquinata da come vanno le cose in Italia. In realtà in Giappone le cose funzionano così: quando ti chiamano col numero allo sportello tu vai li’ e gli dici cosa hai bisogno. Ci mettono poco tempo e ti fanno subito ri-accomodare in poltrona, così tu puoi aspettare tranquillo e farti le tue cose seduto comodo. Quando l’operazione e’ finita ti richiamo allo sportello – firmi, prendi le tue cose e vai. Geniale… Ho visto una vecchietta che avrà avuto novant’anni ritirare dei soldi. Assistita dalle persone in sala d’attesa, rideva felice. Ci ha messo un attimo. Un’altro mondo….
Il velo rosso
E’ stata una giornata indimenticabile. Le emozioni sono iniziate quando, dopo un’introduzione tutta in Giapponese di cui non ci ho capito niente, hanno fatto partire il video di presentazione della Ferrari 488 GTB, girato mentre sgommava tra le colline e poi in pista a Maranello. Poi improvvisamente, sotto il velo rosso, si sono accessi i fanali anteriori e il motore e’ stato fatto partire col telecomando. E’ sembrato come sentire il ruggito di una tigre selvaggia. Wrouummm e il battito del cuore si e’ subito alzato. 670 cavalli, da zero a 200 km’h in 8.3 secondi. Ci si sono buttati tutti a capofitto per vederla da vicino e questo mia ha fatto sentire orgoglioso di essere Italiano. Che emozione essere in mezzo a un gruppo di una trentina di persone, molte delle quali una Ferrari già la possiedono. Io invece sono ancora li a sognarla. Chissà chi, tra me e loro, e’ davvero il più fortunato….
Il futuro e’ nella realtà virtuale
E’ stato bello partecipare a questa piccola fiera di Tokyo, chiamata Indie Fest, dove c’erano più di cento giochi da provare. Piccole ditte imprenditrici, sconosciute, fatte di massimo 2-3 persone, erano qui per promuovere il loro gioco 3D fatto in casa. C’era anche un Italiano. Ho avuto la possibilità di parlare con loro, non solo del prodotto che stavano promuovendo, ma anche della loro esperienza e di questioni tecniche. L’evento era organizzato da Unity 3D, una delle technolgie che vogliamo usare anche noi. Ho avuto anche l’opportunità di provare un gioco 3D in realtà virtuale, indossando il set di occhiali della Oculus. Wow… Sono partito su una navicella nello spazio e subito mi sono sentito mancare le gambe. La mia mente era come entrata in un altro mondo, un mondo virtuale. I giochi del futuro ci strabilieranno e ci porteranno a vivere sensazioni che ancora non ci immaginiamo. Sara’ incredible quando penso che riusciremo a vivere, per esempio, cosa si prova a giocare a pallone nel mezzo di uno stadio gremito. Oppure a guidare una Ferrari in un gran premio, lottando ruota a ruota con l’acerrimo rivale. Le sensazioni saranno molto simili a quelle della realtà. Mi chiedo se sara’ una vita più bella o più noiosa, perché riusciremo a vivere tutto quello che sognavamo. Ma poi? E dopo? Niente più sogni?
I collezionisti Giapponesi
L’altro giorno camminavo per la strada e improvvisamente incontro un piccolo bar. In vetrina ho visto un vecchio motorino Ciao della Piaggio. Erano anni che non ne vedevo uno. Quelli della mia generazione lo hanno sognato un po’ tutti, eppure oggi in giro in Italia non se ne vedono più’. A Tokyo invece la cosa non mi ha stupito, i Giapponesi sono degli appassionati collezionisti. Collezionano un po’ di tutto ma le passioni più in voga sono le macchine e le spade giapponesi. Tengono tutto con molta cura, la Porsche 90 nella foto sotto e’ una macchina degli anni 60 eppure sembrava come nuova. E’ una cosa che mi piace molto questa della cultura giapponese, sono sempre cortesi, attenti ai piccoli dettagli, mantengono una pulizia e un ordine quasi rigoroso eppure tutto succede in modo semplice, delicatamente.
Omontesando Koffee
Interessante questo piccolo barettino all’interno di una casa giapponese in stile tradizionale. Usa una Cimbali, ma il barista e’ proprio un artista. Ho dovuto fare la coda 10 minuti ma ne e’ valsa la pena. Ho preso un mokaccino, miglior bevanda al caffe’ che abbia mai assaporato. Complimenti davvero.
Il Santuario di Meiji
Meiji è un santuario shintoista dedicato alle anime dell’Imperatore Mutsuhito e di sua moglie, l’imperatrice Shōken. L’imperatore Meiji morì nel 1912 e la moglie nel 1914. In loro onore fu costruito il santuario, che fu definitivamente inaugurato e consacrato nel 1920. Dopo che l’edificio originale venne distrutto durante la Seconda guerra mondiale, il santuario attuale fu completato nell’ottobre 1958.
Cena di benvenuto
Ci sono due perone Giapponesi che lavorano nel nostro team e questa sera insieme ad Aaron hanno organizzato questa cena in un costosissimo ristorante di Tokyo. E’ stato un gesto davvero carino e una sorpresa. Mi ero scordato di quanto amo la cucina Giapponese, così soffisticata e allo stesso genuina e delicata. Le scorse volte che sono stato in questo paese me ne ero subito reso conto. In verità era un po’ un sogno nel cassetto fare un’esperienza qui a Tokyo. Adesso che anche questo sogno e’ realtà, stento quasi a credere che sia tutto vero.
Il mio nuovo ufficio
Il mio amico Happy
Il primo giorno a Tokyo ho conosciuto questo batuffolino di un chilo e mezzo. Si chiama Happy ed e’ il cane di Aaron. Razza PuChi, ovvero un incrocio tra Barboncino e Chiwawa, mette molta tenerezza vista quanto e’ piccolo. Penso diventeremo grandi amici. Aaron ci ha portato a fare un giro alla spiaggia a Kamakura Yuigahama, che dista a circa un’ora e mezzo di macchina da Tokyo. Un buon inizio.
Tramonti Alessandrini
Anche Alessandria ha dei bellissimi tramonti. In queste foto scattate dietro casa di mia sorella si vede il Monviso e sembra che un pittore abbia pennellato il cielo. Sembrano foto estive, quando bambino spettacoli di questo genere erano impensabili di questi tempi. Il clima sta cambiando, e’ sempre più evidente.
Gelindo
Dopo tantissimi anni sono tornato al Teatro dei frati cappucini di San Francesco per assistere alla “divota cumedia”. Gelindo e’ ormai diventata una tradizione simbolo di Alessandria tanto che quest’anno ha ricevuto dal comune il marchio De.Co. (denominazione comunale). E’ uno spettacolo divertente recitato interamente in dialetto alessandrino. Da 90 anni il copione e’ sempre lo stesso, quello che cambia, di anno in anno, è la “businà”, ovvero la satira che Gelindo propone all’inizio dello spettacolo. Una panoramica ironica sugli eventi dell’anno, sia a livello nazionale che locale.
Per me e’ stato molto toccante riassistere a questo spettacolo, per tanti motivi. Ho un ricordo molto lontano di quando ero bambino, la prima volta per me da spettatore fu davvero emozionante. Non ho ben presente chi mi ci porto’, ma penso fosse mia nonna Tecla. Ma il ricordo piu’ presente e’ di quando facevo parte dell’associazione cattolica San Francesco e contribuivo anche io allo svolgimento di questo spettacolo stando al controllo delle luci. Sono passati ormai quasi trent’anni da quei tempi. L’altra sera sul palco e in sala ho rivisto molte persone che frequentavo in quegli anni, alcuni allora erano ragazzini che ormai sono cresciuti come me. Siamo tutti invecchiati e chissa’ se mi hanno riconosciuto. Mi sono venuti in mente tanti ricordi di quegli anni, l’oratorio, le partite a calcio, le sfide a bigliardino, le feste di carnevale, Padre Alessandro, le domeniche a messa. Ero un cattolico professante quando ero un adolescente, poi improvvisamente smisi di frequentare l’associazione anche se non ricordo esattamente il perche’. Ma penso che in parte fosse dovuto al fatto che mi ero lasciato con la mia ragazza, visto che anche lei frequentava la stessa associazione.
Lo spettacolo poi ha un sapore molto nostalgico per me. Ascoltare nuovamente certe espressioni e inflessioni dialettali mi ha riportato per una sera indietro nel tempo quando sentivo spesso parlare il dialetto in casa dai miei nonni e bis nonni, o tra gli anziani al bar di mia madre o per la strada. Ormai vivendo all’estero questo non mi capita quasi piu’. Molti anziani se ne sono andati e il dialetto sta sempre piu’ sparendo. Se da un lato e’ un bene perche’ vuol dire che la societa’ sta progredendo e si sta evolvendo, da un lato questo mette certamente tristezza e nostalgia. Per questo e ammiro molto chi al contrario di me e’ rimasto qui e, dopo cosi’ tanto tempo, tiene ancora in vita questo spettacolo, una tradizione che ormai e’ entrata a far parte della storia di questa citta’, la mia citta’.