L’altra sera ho voluto approfondire con Cici l’argomento delle bambine neonate che vengono abbandonate dalle famiglie. “Si e’ vero mi ha detto” guardando in basso. “Ma in Cina ci sono cose molto belle e altre meno belle ma il tutto si bilancia, non trovi?”. Ho concordato con lei e ha proseguito: “Molto spesso non e’ la mamma a volerlo. Ho letto storie di molte donne che hanno sofferto aver perso la loro bambina. Normalmente succede a loro insaputa, qui in Cina le donne passano molto tempo in ospedale dopo il parto, a volte quasi un mese. E’ in quel momento che la famiglia prende una decisione su cosa fare e spesso sono i nonni di mentalita’ arretrata ad insistere per l’abbandono. Avere una figlia per una famiglia povera equivale a una perdita, e’ paragonabile a una risorsa come l’acqua che sprechiamo ogni giorno. Un giorno questa bimba crescera’, si sposera’ e si prendera’ cura di una altra famiglia. Mentre un figlio nella tradizione Cinese e’ quello che si prendera cura dei genitori finche’ saranno vivi, per qualsiasi evenienza.” Cici mi ha spiegato poi che nella dottrina confuciana, che e’ radicata nelle coscienza del popolo Cinese, la donna deve obbedire prima di tutto al padre, poi quando si sposera’ al marito e poi se perdera’ il marito al proprio figlio. “Una cosa che mi ha reso molto triste e’ che mio padre quando ero bambina mi diceva che dopo di me i miei genitori hanno avuto un altro figlio per avere qualcuno che mi facesse compagnia” poi con un tono di tristezza ha aggiunto “piu’ tardi pero’ mi rivelo’ di avermi mentito…. e ci rimasi molto male” Cici ha 23 anni, parla un inglese perfetto con un accento leggermente australiano, sembra di parlare con una persona di madrelingua tanto che quando l’ho incontrata le ho chiesto se aveva vissuto all’estero. “La mia famiglia era molto povera e nessuno credeva in me. Quando decisi che volevo continuare a studiare tutti i miei zii cercarono di convincere i miei genitori a non sprecare dei soldi per mandarmi a scuola perche’ tanto mi sarei sposata e avrei abbandonato la famiglia. Ma io mi sono rifiutata, ho combattutto fino in fondo, sono pure andata a parlare con i professori della scuola e con l’ufficio scolastico del mio paese. Alla fine ci sono riuscita. Negli ultimi tre anni sono tornata a casa solo una volta, e con quei parenti non ci parlo piu’, ma quando li ho visti ero fiera di me perche’ loro adesso hanno capito di avere sbagliato sul mio conto”. Cici quest’anno finira’ la laurea in lingue e sogna di lavorare per una multinazionale. Sono sicuro che avverera’ i suoi sogni.