Da Stoccolma

Ieri notte verso l’una e’ finalmente arrivato a prenderci a Linate il nuovo aereo da Copenhaghen, almeno cosi’ ci e’ stato detto. Quando sono salito a bordo l’aereo a me pareva esattamente lo stesso identico di prima. Alle due di notte eravamo dinuovo sulla pista di decollo, in un areoporto ormai deserto. Non e’ stato facile, mentre l’aereo prendeva quota stringevo forte le mani sugli appoggia-gomito del sedile. Poi pian piano mi sono tranquillizzato. Ho pensato che purtoppo non ho alternative, ho fatto una scelta di vita e non posso tornare indietro. Ma non mi rammarico, c’e’ gente che sta piu’ male di me, che non puo’ permettersi di viaggiare, che non ha un lavoro e quando ce l’ha cade da un impalcatura e muore, c’e’ gente che non ha niente, che ha fame e tutti i giorni teme che presto arrivera’ la fine. Insomma ho cercato di farmi coraggio da solo che alla fine e’ la cosa che funziona meglio di tutte. Il personale di bordo e’ stato molto  gentile e ci ha trattato con i guanti. Mi hanno detto che mi avrebbero dato una camera d’hotel appena arrivato a Stoccolma, di lasciare il mio numero di telefono e indirizzo che qualcuno della SAS mi avrebbe contattato nei prossimi giorni per parlare di quanto e’ successo. Siamo atterrati alle 5 del mattino, pareva la fine di un incubo anche se mi sentivo spaesato e stanchissimo. Dopo una lunga dormita ho mangiato qualcosa e ho fatto due passi. Mi sento ancora molto strano, faccio fatica a togliermi quelle immagini dalla mente, penso che una parte di me sia ancora sotto shock anche se ormai il peggio e’ passato. Ho parlato con i miei familiari e mi sono accorto mente raccontavo quanto e’ accaduto che tremavo ancora. Speriamo che passi presto. Ho scoperto che siamo finiti anche sulle news. Certamente voglio parlare con qualcuno della SAS di quanto successo, fin’ora sono solo riuscito a trovare un numero telefonico per le relazioni con il pubblico che e’ chiuso (apre solo dalle 9 a mezzogiorno). Ci sono due cose che mi hanno fatto arrabbiare di questa storia: una e’ che l’allarme anti incendio e’ scattato quando eravamo tutti ancora a terra ed e’ stato preso molto alla leggera, la seconda e che dopo il fattaccio, nessuno del personale SAS era raggiungibile e non sapevamo cosa fare. C’erano due addetti dell’aereoporto che sono stati con noi per un po’ ma nemmeno loro sapevano bene dove mandarci o cosa dirci. Ci hanno trattato come dei numeri. Ora sono qui nell’hotel che aspetto che arrivino le dieci di sera quando partiro’ per Pechino.

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