Domenica due ragazzi giovani Alvin e Jun Li che lavorano con me si sono offerti di portarmi in una sala da tè nel centro di Pechino per assistere ad uno speccatolo di opera tradizionale Cinese. Anche per loro era la prima volta, come in Italia ai ragazzi giovani l’opera interessa poco quindi ho apprezzato il loro gesto di volermi accompagnare. Ci sono parecchie sale a Pechino dove offrono diverse varieta’ di tè. Seduti al tavolo la cameriera ha versato con la teiera l’acqua bollente nella tazzina, e’ salito un profumo molto gradevole. Era tè di fiori di Gelsomino (il nome del mio nonno paterno), per accompagnarlo abbiamo scelto qualche pasticcino. Poi lo spettacolo e’ iniziato. Fortunatemente Alvin, seduto accanto a me mi spiegava la trama. La coreografia e’ molto semplice, al centro un tavolino o due, un paio di sedie, uno sgabello. Sono gli attori che riempiono la scena con le loro maschere e i costumi coloratissimi. La musica, i colori, le danze, il tè, l’atmosfera si trasforma in qualcosa di magico.
L’opera di Pechino ha una storia che risale dai tempi dell’imperatore. L’attore è contemporaneamente cantante, ballerino, mimo, illusionista. La voce non e’ quella imponente e forte dei nostri tenori, ma in falsetto anche per i cantanti maschili. Il gioco e’ la ricerca rigorosa della realta’ attaverso l’illusione. Era la storia di una sposa che promessa dei genitori al nobile ricco del villaggio, si ribella e fugge per seguire il suo amore vero e alla fine vince. A differenza dell’opera Italiana qui gli episodi hanno per la maggior parte un lieto fine. Siamo rientrati con la metropolitana. Ero contento perche’ lo spettacolo e’ piaciuto anche ai due ragazzi giovani. Dice il saggio: tutto e’ bene cio’ che finisce bene….