I tassisti qui non parlano inglese. Per comunicare con loro mi porto dietro sempre un bigliettino con gli indirizzi scritti in cinese. Pero’ a volte neanche quelli bastano allora chiamo l’hotel e chiedo di aiutarmi a farmi arrivare a destinazione. Di solito gli autisti sono anche molto silenziosi o ascoltano attenti alla radio un programma parlato che sembra il racconto di una storia. Guidano sempre a basso regime senza mai superare i 2000 giri per risparmiare benzina e quando si fermano agli stop tirano il freno a mano. Questa sera sul taxi su cui sono salito l’atmosfera era diversa. Siamo partiti, poco dopo il taxista ha cominciato timidamente a cantare una canzone. Poi il suo tono e’ salito e finalmente si e’ lasciato andare. Fermi ad uno stop ha sorseggiato da un contenitore del tè e poi, dinuovo timidamente, da un lato ha tirato fuori un libro, il suo corso per imparare l’inglese. E da li’ ha incominciato a ripetere ad alta voce delle parole e frasi in inglese. Facevo fatica a capire ma ho sentito la parola “Aereoport”. Ho sorriso, ci siamo guardati nello specchietto retrovisore. “Parli inglese?”. “Un pochino” ha risposto. Abbiamo cercato di comunicare ma era dura. Questi cinesi continuano a soprendermi…