Sono arrivato a Frabosa alle 8:30 del mattino dopo una fitta nevicata che in 2 giorni ha portato quasi un metro di neve. Non c’era quasi nessuno, le piste erano chiuse. Ero emozionato nel rivedere quel piccolo paese dopo così tanto tempo. Quanti ricordi mi sono tornati in mente… Avevo 15 anni e l’ultima discesa su quelle piste la feci sul gatto delle nevi con il ginocchio spezzato. Ricordo ancora il dolore, non potevo camminare, mi trasportarono a spalle fino all’hotel e poi sul pullman per fare ritorno a casa. Era l’ultimo giorno della settimana bianca con la scuola media Cavour. Ho sciato tutta la settimana senza farmi un graffio e proprio all’ultimo, a un’ora dalla partenza, feci un salto azzardato con gli sci e quando atterrai le gambe, forse per la stanchezza accumulata, non ressero. Mi accasciai a terra dopo aver sentito un rumore simile a quando si spezza il ramo di un albero. Quel crack mi costo’ parecchio perché dovetti smettere di giocare a calcio per quasi due anni e i segni di quell’infortunio li porto ancora oggi sulle spalle. Sono passati trent’anni e tornare su quelle piste per me ha un significato particolare, una rivincita, un segno che nonostante tutto non mi sento uno sconfitto e sono ancora qui per dire la mia. La neve era perfetta e sono stato il primo a comprare il biglietto e il primo a salire sulla seggiovia. Giu’ da quella discesa ho spinto al massimo anche se per via della nebbia e della fitta neve che cadeva copiosa, non vedevo quasi niente. La pista era perfetta, piatta, tirata come un bigliardo con un leggero strato di neve fresca che la rendeva vellutata. Quando le condizioni sono quelle so che la mia tavola vola e mi da sensazioni che sono difficili da descrivere. Ero così contento che non mi sono quasi accorto che ad essere su quelle piste eravamo solo in due: io e l’addetto a mettere i paletti, che mi ha pure guardato storto a un certo punto perché andavo come un forsennato. Ed e’ stato così per un po’ finche’ sono arrivati i primi turisti della domenica. Erano comunque pochi, la crisi si vede e si sente. Quel salto l’ho fatto e rifatto, volevo dimostrare a me stesso che nonostante tutto il vincitore sono io, che non bisogna avere paura di niente se si vuole vivere e questa volta mi e’ andata bene. Sono anche caduto una volta su quel salto, ma niente di grave, mi sono rialzato sorridendo.
Ma Frabosa e’ anche un altro ricordo, quello del primo amore e del primo bacio. L’anno prima, stessa settimana bianca, stessa scuola l’obiettivo era quello di conquistare Barbara di cui ero innamorato da più di un anno. Come dimenticare quella serata in discoteca a 14 anni nel quale finalmente ci siamo avvicinati e abbiamo ballato insieme. Non mi pareva vero. Poi, una volta rientrati all’hotel Excelsior, la fortuna ha voluto che la sua camera da letto fosse quella accanto alla mia e che i balconi fossero comunicanti. Di notte ci siamo trovati li, fuori a parlare, e poi quel bacio su quel balcone sotto le stelle. Mi risvegliai il giorno dopo e avevo una felicita’ addosso che riuscivo a contenere a stento.
Ma eravamo giovani e la nostra relazione duro’ solo qualche mese e l’anno dopo io ero al primo anno delle superiori, all’Istituto Volta. Per riconquistare Barbara ero disposto a tutto, chiesi a Gandino, mitico professore di ginnastica della scuola Cavour, a cui ero molto legato, di potermi aggregare ancora una volta a quella stessa settimana bianca di Frabosa, anche se avevo cambiato scuola. Lui non disse di no. Avevo i postumi di una leggera distorsione al ginocchio, rimediata durante un incontro di calcio contro la squadra del Derthona ma dopo controlli vari i medici mi diedero l’OK per sciare: “Ti farà bene” mi dissero. In realtà qualcuno avrebbe dovuto fermarmi ma conoscendomi so che comunque non sarebbe servito a niente. Il sogno di riavere Barbara era troppo grande e non mi importava altro. Il resto ve l’ho già raccontato, il salto, il crack e poi una serie interminabili di operazioni al ginocchio che sembra non finire mai…
E’ passato tanto tempo da allora. Ieri ho lasciato Frabosa con un po’ di tristezza nel cuore, specialmente dopo aver fatto un giro in paese per scattare qualche foto. Forse quello era il mio destino, e forse e’ meglio così perché comunque, anche se tante cose sono cambiate da quel giorno, non mi pento certo adesso di essere arrivato dove sono arrivato oggi. Certo e’ che Frabosa ha avuto un impatto fondamentale nella mia vita e questo non posso dimenticarlo….